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MALATTIE DELLE PALPEBRE


Le palpebre sono di importanza cruciale per la salute dell’occhio. Forniscono la protezione del bulbo, la corretta distribuzione e l’allontanamento delle lacrime attraverso le vie lacrimali. Hanno inoltre un rilevante ruolo estetico.
Le palpebre possono essere sede di molteplici malattie: da processi benigni, anche autolimitanti, a tumori maligni, anche metastatici.
L’esame delle palpebre deve essere sistematico nel corso di una visita oculistica ed andranno esaminate eventuali anomalie di posizione e, in presenza di lesioni palpebrali, si dovrà valutarne la dimensione, la sede, la pigmentazione e se si associano o meno ulcerazioni o perdita tessutale.

Processi infiammatori benigni delle palpebre

Blefarite
Definizione
E’ un processo infiammatorio palpebrale. Dal punto di vista anatomico, la blefarite può essere definita anteriore quando interessa la base delle ciglia e i follicoli, posteriore quando coinvolge gli orifizi delle ghiandole di Meibomio.
Eziopatogenesi
Usualmente vi è una colonizzazione batterica delle palpebre con conseguente invasione microbica diretta dei tessuti, alterazione immunitaria, danno secondario alla produzione di tossine batteriche ed enzimi. La colonizzazione del margine palpebrale è favorita in presenza di dermatite seborroica o di disfunzione delle ghiandole di Meibomio.
Sintomatologia
I pazienti presentano sintomi di irritazione, prurito, eritema palpebrale, modifiche delle ciglia, annebbiamento visivo, lacrimazione, sensazione di corpo estraneo, croste sul margine palpebrale e al canto interno, iperemia, fotofobia, talvolta dolore.
Clinica
L’esame esterno dei pazienti con blefarite rivela la presenza di eritema del bordo palpebrale e detriti alla base delle ciglia. Alla lampada a fessura si può osservare anche la perdita di ciglia (madarosi), trichiasi, occlusione degli orifizi delle ghiandole di Meibomio, piccole ulcerazioni marginali palpebrali, teleangiectasie e irregolarità del bordo palpebrale. Di solito la congiuntiva è iperemica e la cornea presenta delle erosioni puntate superficiali, ma si possono riscontrare anche infiltrati o ulcere marginali.
Prognosi
Per la maggior parte dei pazienti, la blefarite rimane un disturbo fastidioso senza minacce per le funzioni visive, ma tale da ridurre la qualità della vita. Solo in una piccola percentuale può diventare una vera malattia con complicazioni corneali severe.
Terapia
Una sistematica e continuativa igiene palpebrale è alla base del trattamento della blefarite. In primo luogo l’utilizzo di impacchi caldo umidi per favorire lo scioglimento e l’evacuazione dei secreti ghiandolari. Il margine palpebrale va quindi pulito meccanicamente per rimuovere il materiale aderente, come forfora e crosticine, a tale scopo si possono utilizzare saponi e salviette specifici o shampoo per bambini. In casi selezionati può essere necessario ricorrere ad una terapia antibiotica sistemica (Doxiciclina).
Quasi sempre è associata una disfunzione lacrimale, per cui è indicato l’uso di lacrime artificiali.
Provvedimenti chirurgici sono necessari sono in caso di complicazioni: calazio, trichiasi, ectropion, entropion.

Orzaiolo
Definizione
L’orzaiolo è una infezione acuta focale, di solito stafilococcica, delle ghiandole di Zeis (orzaiolo esterno) o, più raramente, delle ghiandole di Meibomio (orzaiolo interno).
Eziopatogenesi
Normalmente gli orzaioli sono causati dall’addensamento e dalla stasi dei secreti ghiandolari con conseguente occlusione dell’orifizio escretore. La stasi causa l’infezione secondaria che più comunemente è causata da stafilococco aureo.
Pazienti con blefarite cronica e rosacea hanno un rischio superiore alla popolazione normale di sviluppare orzaioli [1].
Sintomatologia
Si presenta con le caratteristiche di una infiammazione acuta focale: dolore, calore, edema, iperemia. Può essere mono o bilaterale, singolo o multiplo.
Clinica
Si presenta come un piccolo nodulo eritematoso sottocutaneo in prossimità del margine palpebrale. Il processo è di solito autolimitante con rottura spontanea e conseguente drenaggio in circa 7-10 giorni.
Prognosi
Le recidive possono essere prevenute con una corretta igiene palpebrale quotidiana.
L’orzaiolo interno occasionalmente può evolvere in calazio.
Terapia
Sono consigliati impacchi caldo-umidi e massaggio per 10 minuti 4 volte al giorno. Può essere prescritta una terapia antibiotica topica se la lesione è drenante e in caso di concomitante blefarocongiuntivite.
L’incisione chirurgica e il drenaggio sono indicati solo se l’orzaiolo è grande e refrattario alla terapia medica.

Calazio
Definizione
E’ un lipogranuloma di una ghiandola di Meibomio o di Zeis. Rappresenta una risposta infiammatoria granulomatosa attivata da prodotti di degradazione dei lipidi.



Eziopatogenesi
I calazi possono comparire spontaneamente a causa dell’ostruzione di un orifizio ghiandolare o a causa di un orzaiolo interno. Sono associati a seborrea, blefarite cronica, acne rosacea, scarsa igiene palpebrale.



Sintomatologia
I pazienti riferiscono solitamente la comparsa di arrossamento e gonfiore palpebrale associati a dolore moderato. Spesso riferiscono precedenti episodi analoghi, perché i calazi tendono a ripresentarsi in individui predisposti.



Clinica
E’ importante istruire il paziente circa l’importanza di una accurata igiene palpebrale. Tranquillizzare il paziente spiegando che le lesioni sono benigne ma che richiedono misure igieniche preventive.
I calazi piccoli e asintomatici possono essere ignorati.
Prognosi
L’asportazione chirurgica del calazio dà ottimi risultati ma possono spesso presentarsi nuovi granulomi.
Terapia
La terapia farmacologica è indicata raramente, salvo in caso di rosacea, in cui bassi dosaggi prolungati di doxiciclina (100 mg alla settimana per 6 mesi) possono essere benefici.
Insegnare al paziente come effettuare un efficace massaggio palpebrale per favorire il drenaggio delle ghiandole di Meibomio, gli impacchi caldo umidi aiutano la liquefazione delle secrezioni lipidiche dense, uno shampoo specifico o per neonati può essere utilizzato per detergere più accuratamente il bordo palpebrale.
Una volta risolta l’infiammazione acuta, può essere necessaria l’asportazione chirurgica del granuloma. Dopo aver praticato una anestesia locale, si applica una pinza da calazio per limitare il sanguinamento. L’approccio può essere transcongiuntivale o transcutaneo: normalmente se è interessata la palpebra inferiore si utilizza il primo, se il calazio è voluminoso o se ha drenato esternamente o interessa la palpebra superiore si preferisce il secondo approccio chirurgico. L’asportazione va effettuata con cura e deve comprendere la capsula.
I calazi che tendono a ripresentarsi nella stessa posizione, nonostante adeguata asportazione, devono essere sottoposti ad esame istologico per il rischio che possa trattarsi di una carcinoma a cellule squamose [2].

Lesioni non infiammatorie delle palpebre

Xantelasma
Definizione
Lo xantelasma delle palpebre è il più comune xantoma cutaneo.
Eziopatogenesi
In circa il 50% dei casi, queste lesioni sono associate a disordini del metabolismo lipidico, specie con livelli di colesterolo HDL inferiori alla norma [3].



Sintomatologia
I pazienti affetti da xantelasma lamentano preoccupazioni estetiche. Normalmente non viene compromessa la funzione palpebrale.
Clinica
Lo xantelasma si presenta come una placca giallastra che interessa il terzo interno delle palpebre, più frequentemente le superiori rispetto alle inferiori. Spesso gli xantelasmi sono simmetrici, tendono a crescere e a diventare permanenti.



Prognosi
Gli xantelasmi non tendono alla trasformazione maligna. La recidiva è possibile specie nei pazienti affetti da disordini del metabolismo lipidico e in quelli con interessamento contemporaneo delle quattro palpebre.
Terapia
La rimozione degli xantelasmi può essere effettuata chirurgicamente. L’escissione delle lesioni più grandi può comportare il rischio di retrazione palpebrale, ectropion e quindi la necessità di una più complessa procedura ricostruttiva.
L’elettrodissecazione può eliminare lo xantelasma quando è superficiale, ma possono essere necessari trattamenti ripetuti.
E’ possibile anche l’ablazione con laser (Argon o CO2 ): con questa tecnica sono possibili cicatrici e modificazioni della pigmentazione cutanea.
La cauterizzazione chimica con acido dicloroacetico dà ottimi risultati con cicatrice minima [4].

Papilloma palpebrale
Definizione
Per papilloma si intende una qualsiasi lesione palpebrale di aspetto papillomatoso che sia liscia e arrotondata o peduncolata e rilevata.
Eziopatogenesi
E’ la più comune lesione benigna della palpebra. Nella maggior parte dei casi si tratta di un papilloma squamoso benigno.
Sintomatologia
Normalmente i papillomi sono asintomatici. Hanno soprattutto un significato antiestetico.
Clinica
L’esame alla lampada a fessura deve essere accurato per definire con precisione aspetto, colore e dimensione della lesione (l’ulcerazione e l’infiammazione, la colorazione anomala e il persistente sanguinamento devono far sospettare una lesione maligna). Come per qualsiasi altra neoformazione palpebrale è necessario richiedere un esame istologico [5].
Prognosi
Le lesioni sono benigne e solitamente piccole.
Terapia
L’escissione chirurgica con forbici di solito è una procedura semplice e poco dolorosa. Emorragie ed infezioni postoperatorie si verificano molto raramente.

Lesioni pigmentate delle palpebre
Definizione
Si tratta di lesioni che possono avere carattere benigno o maligno. Data l’alta mortalità associata al melanoma cutaneo, è indispensabile che ogni lesione palpebrale, soprattutto quando pigmentata, venga sottoposta ad esame istologico.
Eziopatogenesi
Le cellule che producono pigmento derivano embriologicamente dalla cresta neurale. I melanociti producono melanina e risiedono nello strato cellulare basale dell’epidermide. Le cellule neviche sono melanociti parzialmente differenziati che si trovano raggruppati nell’epidermide o nel derma. I nevi possono essere melanotici o amelanotici, a seconda che le cellule neviche producano o meno pigmento.
I nevi possono essere congeniti o acquisiti. I congeniti si pigmentano durante la pubertà, momento in cui migrano dall’epidermide al derma, diventando così meno attivi e quindi meno pericolosi. Il nevo giunzionale, posto al confine tra epidermide e derma, è quello più a rischio di trasformazione maligna. I nevi composti e intradermici, più profondi, sono relativamente inattivi e quindi incapaci di trasformazione maligna.
I melanomi derivanti dai melanociti epidermici rappresentano meno dell’1% di tutti i tumori palpebrali. Essi possono presentarsi in una delle seguenti forme: melanoma maligno a diffusione superficiale, lentigo maligna, melanoma nodulare.
Sintomatologia
Le lesioni benigne tendono a mantenere nel tempo un aspetto uniforme, mentre i melanomi maligni tendono ad essere asimmetrici, ad avere bordi irregolari e spesso cambiano colore.
Al paziente si deve chiedere quando la lesione è stata notata, se era presente alla nascita, se è cambiata in termini di dimensione, forma, colore e se ci sono sintomi associati (secrezione, irritazione, sanguinamento).
Clinica
• LESIONI BENIGNE: lentiggine, lentigo semplice, lentigo solare, cloasma, nevo melanocitico, nevo melanocitico congenito, melanoma giovanile, balloon cell nevo, nevo di Ota, nevo blu.
• LESIONI MALIGNE: melanoma a diffusione superficiale, lentigo maligna, melanoma nodulare [6].
Prognosi
La tendenza all’accrescimento di qualsiasi lesione pigmentata è un indice di malignità e pertanto dovrebbe essere sottoposta a biopsia. Altre caratteristiche indicative di malignità sono i bordi irregolari, le modificazioni di colore, l’asimmetria, l’ulcerazione e il sanguinamento.
La profondità del tumore (spessore di Breslow) è il segno più importante nello staging nel melanoma maligno cutaneo: al di sotto di 0.76 mm il tasso di sopravvivenza a 5 anni è del 100%, mentre al di sopra di 1.5 mm il tasso di sopravvivenza scende al 50-60% [7].
Per contro, la maggioranza delle lesioni benigne ha una prognosi eccellente.
Terapia
La terapia delle lesioni pigmentate delle palpebre è esclusivamente chirurgica e può essere effettuata per motivi cosmetici o per sospetta malignità.
La procedura chirurgica per il trattamento del melanoma maligno delle palpebre richiede un’ampia escissione che comprenda 1 cm di tessuto oltre il margine della lesione. I tumori più profondi di 1.5 mm e quelli che dimostrano una diffusione vascolare o linfatica richiedono anche la dissezione linfonodale regionale.

Carcinoma basocellulare
Definizione
E’ la forma più comune di tumore cutaneo, rappresentando l’80-90% dei tumori maligni della pelle.
Il carcinoma basocellulare è a crescita lenta e solo localmente invasivo e distruttivo.
Eziopatogenesi
E’ più comune negli individui di pelle chiara che abbiano avuto una esposizione solare prolungata senza protezione. Le radiazioni UV sono cancerogene perché promuovono una proliferazione cellulare prolungata, aumentando così le possibilità di errore di trascrizione che può portare alla trasformazione maligna. Inoltre causano un danno diretto alla replicazione del DNA, determinando una mutazione cellulare che può attivare proto-oncogeni o disattivare geni soppressori tumorali [8].
Sintomatologia
I pazienti lamentano la presenza di un nodulo o di un’ulcera che sanguina facilmente al minimo trauma.
Clinica
Esistono alcune varianti.
• Carcinoma basocellulare nodulare: è il più comune. Si presenta come un nodulo indolore, duro, perlaceo, con teleangiectasie superficiali. Ha una crescita molto lenta, può essere interessato da una melanosi secondaria, può sanguinare. Se non trattato può ulcerarsi centralmente e assumere le caratteristiche di carcinoma basocellulare nodulo-ulcerativo.
• Carcinoma basocellulare nodulo-ulcerativo (ulcus rodens): è caratteristica l’ulcerazione centrale che può estendersi nei casi trascurati. Il margine del tumore è rilevato e di aspetto perlaceo. Se non curato può erodere gran parte delle palpebre.
• Carcinoma basocellulare sclerosante: è il meno comune. Appare come una placca pallida e dura a bordi ben definiti, può essere più esteso di quanto con sembri alla palpazione.


carcinoma basocellulare nodulo-ulcerativo (a sinistra), ulcus rodens (a destra)

Prognosi
La prognosi è buona se la diagnosi e il trattamento sono precoci. Tuttavia, alcuni carcinomi basocellulari possono essere ricorrenti, aggressivi e problematici da gestire.
Terapia
Tradizionalmente, le modalità di trattamento del carcinoma basocellulare hanno incluso la crioterapia, la radioterapia, l’elettrodissecazione, l’escissione chirurgica: ognuna di esse è utile in determinate situazioni che dipendono soprattutto dall’estensione e dalla localizzazione.
L’asportazione chirurgica ha una percentuale di successo molto elevata.
La dissecazione con elettrobisturi, molto utilizzata, ha lo svantaggio di non rendere esaminabili dall’anatomopatologo i margini del pezzo operatorio, con conseguente impossibilità di valutare la completa rimozione del tumore [9].
La crioterapia può essere utile nelle lesioni piccole, ben definite, soprattutto se localizzate al canto interno, dove è più complessa la ricostruzione ed è facile danneggiare le vie lacrimali.
La radioterapia rappresenta una scelta ragionevole nel trattamento dei tumori ricorrenti [10].

Carcinoma a cellule squamose
Definizione
È un tumore epiteliale relativamente raro, rappresentando il 5% di tutte le neoplasie della palpebra.
Può insorgere ex novo o da lesioni preesistenti, come la cheratosi attinica. Colpisce soprattutto persone anziane.
Eziopatogenesi
Il carcinoma a cellule squamose è più frequente in aree del corpo esposte al sole, sembra quindi essere correlato all’esposizione alla luce ultravioletta.
E’ più comune nei maschi ma ciò sembra dovuto più a motivi professionali che non ad una effettiva preferenza sessuale.
Oltre alla cheratosi attinica, esistono altri fattori di rischio: xeroderma pigmentoso, sieropositività per HIV, pregressa radioterapia, esposizioni professionali (oli, catrame, fuliggine).
Sintomatologia
Nelle lesioni iniziali la sintomatologia è scarsa. Il paziente può lamentare la sola perdita delle ciglia oppure la presenza di un nodulo o di una placca di dimensione variabile o può presentare la completa distruzione dell’architettura palpebrale.



Clinica
Si presenta come un nodulo solido, carnoso, di consistenza dura che tende a crescere costantemente e che si può ulcerare. Il carcinoma a cellule squamose è localizzato più frequentemente sulla palpebra inferiore. Può essere molto variabile per dimensioni e profondità, fino all’estensione orbitaria. La palpazione dei linfonodi preauricolari, sottomandibolari e cervicali può rivelare il loro coinvolgimento metastatico [11].
Prognosi
È eccellente se la diagnosi e l’asportazione completa del tumore sono precoci. E’ necessario un attento follow-up per il rischio di sviluppare altre neoplasie cutanee (carcinoma basocellulare e a cellule squamose).
Il carcinoma a cellule squamose può essere aggressivo e invadere l’orbita, metastatizzare, provocare la morte.
È utile istruire la popolazione che la protezione dalla luce solare può ridurre in maniera significativa il rischio di sviluppare un carcinoma a cellule squamose.
Terapia
Prevede l’escissione completa della lesione con ampio margine di sicurezza.
Per i pazienti che rifiutano la chirurgia o presentano controindicazioni gravi all’intervento, può essere presa in considerazione la terapia radiante o la crioterapia. In caso di invasione orbitaria, può essere necessaria l’eviscerazione dell’orbita.

Carcinoma delle ghiandole sebacee
Definizione
E’ un tumore maligno letale delle ghiandole sebacee spesso misconosciuto perché facilmente confuso con altre condizioni benigne. L’errore e il ritardo della diagnosi sono comuni e questo comporta un alto tasso di mortalità con metastasi.
Eziopatogenesi
Origina dalle ghiandole di Meibomio e di Zeis e colpisce preferenzialmente donne oltre la settima decade di vita. Più frequentemente interessa il margine palpebrale superiore.
Sintomatologia
Può simulare un calazio o una blefarite cronica. Oltre all’invasione locale, tende alla diffusione ai linfonodi regionali.
Clinica
L’aspetto clinico del carcinoma delle ghiandole sebacee è altamente variabile. Classicamente questa lesione si presenta come una massa indolore che può ulcerarsi, associata alla perdita di ciglia, in un’area trattata per calazio ricorrente [12].
Prognosi
E’ buona pratica clinica sottoporre a biopsia ogni calazio ricorrente e la blefarite unilaterale resistente alla terapia.
L’ampia escissione del tumore e l’assenza di metastasi rende la prognosi più favorevole. Si tratta comunque di un tumore con un tasso di mortalità del 22%.
Si possono verificare una invasione orbitaria (che richiede l’eviscerazione dell’orbita) e metastasi linfonodali.
Terapia
Il trattamento chirurgico mira a rimuovere la lesione e a prevenirne la diffusione locale e sistemica.
L’asportazione deve essere effettuata con ampi margini di sicurezza. Al momento dell’intervento chirurgico, è opportuno eseguire una biopsia congiuntivale se è presente un’area arrossata perché potrebbe indicare la presenza di carcinoma anche in quella sede.
E’ necessario un monitoraggio per ulteriori tumori maligni o metastatici.

Disturbi della meccanica palpebrale

Entropion
Definizione
Si intende la mal posizione palpebrale con inversione del margine e sfregamento delle ciglia sulla superficie oculare, con conseguente irritazione congiuntivale e rischio di danneggiamento corneale.
Eziopatogenesi
• Entropion congenito: per disgenesia del muscolo retrattore della palpebra inferiore o per carenze del piatto tarsale. E’ raro.
• Entropion acuto spastico: è secondario a malattie oculari infiammatorie, infettive o traumatiche. Vi è una iperfunzione del muscolo orbicolare che soverchia l’azione del muscolo retrattore. Solitamente tende alla risoluzione dopo guarigione del processo causale.
• Entropion involutivo: per involuzione del muscolo retrattore della palpebra inferiore. E’ la forma più comune di entropion e colpisce le persone anziane.
• Entropion cicatriziale: secondario a traumi, ustioni chimiche, sindrome di Stevens-Johnson, pemfigoide oculare, infezioni (ad esempio, entropion della palpebra superiore nel tracoma).
Sintomatologia
I sintomi sono rappresentati da sensazione di corpo estraneo, dolore, blefarospasmo, associati a iperemia congiuntivale e danno corneale di grado variabile.
Clinica
Deve essere sempre effettuato un esame alla lampada a fessura per individuare le cause dell’entropion spastico acuto e per evidenziare cicatrici tarsali nel entropion cicatriziale. L’entropion involutivo è facilmente diagnosticabile con una semplice manovra di eversione momentanea del bordo palpebrale, che in breve tenderà a posizionarsi nuovamente a contatto del bulbo oculare. L’esame alla lampada a fessura permetterà inoltre di verificare i danni alla superficie corneale.
Prognosi
La correzione dell’entropion spastico ed involutivo da ottimi risultati, anche se talvolta è necessario ripetere l’intervento a distanza di tempo.
Nelle forme cicatriziali, il risultato chirurgico dipende dalla causa, dalla gravità del danno, dallo stato infiammatorio: qualsiasi manipolazione della congiuntiva può causare una riaccensione della flogosi e il fallimento della procedura chirurgica.
Terapia
Piccole dosi di tossina botulinica (Botox®), approssimativamente 5 U, possono essere sufficienti per indebolire il muscolo orbicolare nell’entropion spastico acuto [13].
Le procedure chirurgiche proposte per la correzione dell’entropion sono molte, la scelta deve essere dettata dal tipo di patologia.
Le suture evertenti possono essere utilizzate per correggere l’entropion spastico acuto o in alcuni casi di entropion involutivo: la reazione tessutale alla sutura riassorbibile crea una cicatrice che mantiene la palpebra in posizione corretta.
Nell’entropion involutivo è spesso necessaria la riparazione della componente verticale che si effettua per via transcutanea riattaccando il muscolo retrattore palpebrale al bordo inferiore del tarso; si associa una resezione di una piccola porzione a semiluna di cute e di muscolo orbicolare pretarsale.
L’entropion cicatriziale è di più difficile gestione: nelle forme lievi si può effettuare una blefarotomia trasversale con rotazione marginale (tecnica sec. Wies) [14]. Nelle situazioni cicatriziali più gravi può essere necessario ricorrere ad innesti di mucosa orale, palato duro, cartilagine [15].

Ectropion
Definizione
Si intende la mal posizione palpebrale con allontanamento del margine palpebrale dal bulbo oculare. A seconda della gravità, l’ectropion viene distinto in puntale, mediale, laterale, tarsale (completo).



Eziopatogenesi
• Ectropion congenito: è raro. Dipende da un deficit della lamella anteriore
• Ectropion involutivo: è la forma più comune. E’ causato da lassità orizzontale per indebolimento del legamento cantale e del muscolo orbicolare pretarsale. La maggioranza dei pazienti sono anziani.
• Ectropion paralitico: secondario a paralisi di Bell, tumori dell’angolo ponto-cerebellare, tumori parotidei, herpes zoster.
• Ectropion cicatriziale: secondario a ustioni al viso, traumi, dermatite cronica, chirurgia estetica.
• Ectropion meccanico: secondario a tumori, ad esempio, neurofibromi palpebrali.
Sintomatologia
Il paziente spesso lamenta lacrimazione e iperemia congiuntivale, ma non è raro osservare una esposizione corneale e la cheratinizzazione della congiuntiva palpebrale.
Clinica
Va sempre effettuato un esame completo per verificare l’integrità della cornea, il grado di lagoftalmo, la sensibilità corneale, il fenomeno di Bell.
Prognosi
La correzione chirurgica dell’ectropion involutivo e paralitico da ottimi risultati, anche se non si può escludere la necessità di dover ripetere l’intervento a distanza di tempo.
Terapia
In ogni caso di esposizione corneale è necessaria una buona lubrificazione della superficie oculare e la chiusura forzata delle palpebre durante le ore notturne.
Il corretto trattamento chirurgico dell’ectropion dipende dall’eziologia.
La lassità orizzontale della palpebra è la causa principale dell’entropion involutivo: la vecchia tecnica di Kuhnt-Szymanowski prevede la resezione a cuneo della palpebra inferiore. Attualmente si preferisce ancorare il tarso laterale al periostio del margine orbitario, dopo resezione a tutto spessore di un adeguato triangolo palpebrale.
L’ectropion mediale con eversione del puntino lacrimale può essere corretto asportando una ellisse orizzontale di congiuntiva, tarso e muscolo orbicolare al di sotto del puntino stesso: la chiusura della ferita chirurgica determinerà il riposizionamento della palpebra.
Nell’ectropion paralitico si utilizza la tecnica decritta per la correzione dell’entropion involutivo. Nei pazienti con lagoftalmo secondario a deficit del muscolo orbicolare della palpebra superiore, si potrà considerare l’opportunità di impiantare un peso palpebrale in oro tarsale superiore. Dato che il peso agisce per gravità, si dovrà raccomandare ai pazienti di dormire con la testa leggermente elevata. Talvolta si può verificare l’estrusione del peso dopo qualche tempo.


ectropion e lagoftalmo paralitico: è evidente l'impossibilità di chiudere le palpebre. A destra, l'applicazione del peso palpebrale di prova

L’ectropion cicatriziale richiede spesso innesti cutanei che possono essere ottenuti, se possibile, dalla palpebra superiore o, in alternativa, dalla regione retroauricolare o dalla superficie volare dell’avambraccio [16].

Dermatocalasi
Definizione
Situazione in cui la cute palpebrale è abbondante con associato rilassamento muscolo-cutaneo.
Eziopatogenesi
E’ comune nelle persone anziane e talvolta anche in giovani adulti. La perdita di elasticità tessutale, l’indebolimento del tessuto connettivo e l’assottigliamento epidermico sono alla base della dermatocalasi. Alcune malattie possono predisporre i pazienti alla dermacalasi: oftalmopatia tiroidea, insufficienza renale, traumi, xantelasma, fattori genetici.
Sintomatologia
La dermatocalasi può costituire sia un problema funzionale che estetico: può ridurre il campo visivo superiore e laterale, ma più spesso i pazienti lamentano un senso di pesantezza palpebrale e cefalea frontale dovuta al corrugamento della fronte per cercare di migliorare il proprio campo visivo. Possono inoltre lamentare irritazione e secchezza oculare per imperfetta dinamica palpebrale. Spesso si associa steatoblefaron, ovvero l’erniazione del grasso orbitario per indebolimento del setto orbitario. Una grave dermatocalasi inferiore può accompagnarsi ad ectropion.
Clinica
E’ necessario valutare la consistenza della cute palpebrale, la presenza di una eventuale infiammazione o di lesioni cutanee. L’eccesso cutaneo deve essere osservato e misurato e deve essere ricercata la presenza di grasso orbitario. La visita oculistica per dermatocalasi non può prescindere da un accurato esame oculare che verifichi la posizione del bulbo, l’eventuale presenza di secchezza oculare o di una oftalmopatia tiroidea.
Prognosi
La prognosi è buona dopo intervento di blefaroplastica.
Terapia
La blefaroplastica è l’intervento di scelta per la dermatocalasi della palpebra superiore e inferiore. Nei pazienti con steatoblefaron si associa la rimozione del grasso.
Prima dell’intervento è necessaria una accurata misurazione e demarcazione della cute che si intende rimuovere. E’ opportuno, in caso di dermatocalasi bilaterale, effettuare l’intervento contemporaneamente in entrambi gli occhi per garantire la simmetria palpebrale [17].
L’utilizzo del bisturi a radiofrequenza consente di effettuare tagli precisi contenendo il sanguinamento ed è particolarmente utile nella rimozione del grasso erniato. L’intervento prevede l’asportazione non solo della cute ma anche di una striscia di 2-3 mm di muscolo orbicolare.
Per la correzione dello steatoblefaron della palpebra inferiore non associato a dermatocalasi, si utilizza spesso la via transcongiuntivale inferiore.
In un intervento per dermatocalasi progettato e condotto con cura le complicanze postoperatorie sono rare. Esse sono soprattutto rappresentate da: lagoftalmo da eccessiva asportazione della cute palpebrale; cheratite secondaria a lagoftalmo; ectropion secondario a retrazione della palpebra inferiore dopo blefaroplastica inferiore. La cecità è una evenienza rarissima ma ovviamente devastante: nella maggior parte dei casi è il risultato di una emorragia retrobulbare con conseguente compressione del nervo ottico e dei vasi. Anche l’occlusione dell’arteria centrale retinica è una possibile causa di cecità dopo blefaroplastica [18]. La blefaroplastica è invece abbastanza frequentemente complicata da secchezza oculare: è importante segnalare questa possibilità ai pazienti che già soffrono di occhio secco e quindi consigliare loro di valutare giudiziosamente l’opportunità dell’intervento [19].

Blefaroptosi del bambino
Definizione
Condizione in cui la palpebra superiore è più abbassata rispetto alla norma. Nei casi più severi la palpebra può coprire completamente o in parte la pupilla e interferire nella visione, con conseguente ambliopia. Può essere mono e bilaterale. Se è presente alla nascita o se si manifesta entro il primo anno di vita, si parla di ptosi congenita.
Eziopatogenesi
Nella maggior parte dei casi la ptosi congenita è idiopatica ed è causata da una disgenesia miogenica localizzata: il ventre del muscolo elevatore della palpebra anziché essere costituito da normali fibre muscolari, è infiltrato da tessuto adiposo e fibroso con conseguente riduzione della sua capacità contrattile [20].
Nei casi famigliari, la trasmissione può avvenire mediante eredità autosomica dominante.
Una ptosi congenita può essere causata anche dall’interruzione dell’innervazione dell’elevatore.
Altre cause di blefaroptosi nel bambino: blefarofimosi, paralisi III nervo cranico, sindrome di Horner, trauma da parto, sindrome di Duane, tumori periorbitari, sindrome di Kearns-Sayre, distrofia miotonica, blefarocalasi, miastenia gravis, psuedotumor dell’orbita, pseudoptosi.
Sintomatologia
Se la ptosi palpebrale interferisce con la visione, si ha come conseguenza una ambliopia. Il bambino può anche acquisire una postura anomala con il mento elevato, per poter ovviare al deficit di innalzamento palpebrale.
Clinica
La ptosi congenita ha conseguenze fisiche, funzionali e psicologiche che vanno attentamente considerate.
A seconda della gravità, i bambini devono essere controllati periodicamente per rilevare eventuali segni di ambliopia o di postura anomala del capo. Il monitoraggio fotografico può essere di aiuto.



Prognosi
La riparazione di una ptosi congenita produce spesso buoni risultati, sia funzionali che estetici.
I genitori devono essere avvisati che una certa asimmetria palpebrale è possibile, che il materiale utilizzato per la sospensione si può dissolvere o rompere, che può essere necessario ripetere l’intervento a distanza di qualche anno.
Terapia
La correzione chirurgica della ptosi può essere effettuata a qualsiasi età. Un intervento precoce può essere richiesto se compare ambliopia o torcicollo. Se l’intervento non è urgente, è preferibile attendere i 3-4 anni di età, cioè fino a quando non è possibile una più accurata misurazione preoperatoria.
Se è presente una sufficiente funzione dell’elevatore palpebrale, si può praticare una resezione del muscolo: se la funzione è tra 4 e 6 mm, la resezione dovrà essere almeno di 22 mm; se la funzione è tra 6 e 8 mm, la resezione dovrà essere di 16-18 mm; se la funzione è superiore a 8 mm, la resezione dovrà essere di 10-13 mm.
Se la funzione dell’elevatore è inferiore a 4 mm, è indicata una sospensione al frontale, anche se questa procedura determina un certo grado di lagoftalmo nella maggioranza dei pazienti, ciò richiede una lubrificazione massiva per evitare la cheratopatia da esposizione. Per la sospensione possono essere utilizzati materiali diversi: fascia lata, bande di silicone, Gore-Tex [21].

Blefaroptosi dell’adulto
Definizione
La ptosi palpebrale viene definita come un anomalo abbassamento del margine palpebrale superiore visibile con l’occhio in posizione primaria. Nel soggetto adulto normale, il bordo palpebrale superiore si trova 1.5 mm al di sotto del limbus superiore ed è appena più alto nel tratto mediale.
La blefaroptosi può essere congenita o acquisita.
Eziopatogenesi
L’identificazione del meccanismo fisiopatologico che causa la ptosi è di fondamentale importanza per istituire il trattamento corretto.
La ptosi è la conseguenza del malfunzionamento del muscoli elevatori della palpebra: l’elevatore della palpebra superiore (innervato dal III nervo cranico) con la sua aponeurosi e il muscolo di Müller.
• La ptosi aponeurotica è la causa più comune di ptosi acquisita e può dipendere dall’invecchiamento, da modifiche involutive, da deiscenza o disinserzione del aponeurosi dell’elevatore. Anche una infiammazione cronica e gli interventi chirurgici intraoculari possono causare uno stiramento dell’aponeurosi con abbassamento del tarso.
• Le ptosi neurogene possono essere congenite o acquisite: sindrome di Horner congenita; paralisi congenita del III nervo cranico; sindrome di Horner acquisita (secondaria a trauma, neoplasie o insulti vascolari lungo il decorso del simpatico); disfunzione del III nervo cranico (secondaria a trauma, sclerosi multipla, vasculopatie, infezioni). La ptosi neurogena sincinetica è legata ad una innervazione anomala (nel fenomeno di Marcus-Gunn il soggetto riesce ad alzare la palpebra ptosica solo aprendo la bocca).
• Le ptosi miogene possono essere congenite (disgenesia dell’elevatore) o, più frequentemente, acquisite: miastenia gravis, oftalmoplegia esterna progressiva, distrofia oculofarinea.
• Le ptosi traumatiche possono essere conseguenza di una lacerazione palpebrale con sezione del muscolo elevatore.
• Le ptosi meccaniche possono derivare da neoplasie palpebrali (neuro fibromi, emangiomi) o da cicatrizzazione secondaria ad infiammazioni o interventi chirurgici [22].
Sintomatologia
Una blefaroptosi lieve ha una valenza soprattutto estetica, mentre se interessa il campo pupillare diventa invalidante per la visione.
Clinica
Nel sospetto di una miastenia gravis è indicato effettuare il dosaggio degli anticorpi anti-recettore dell’acetilcolina, il test al Tensilon® (farmaco che inibisce la degradazione dell’acetilcolina) e una elettromiografia.
Una risonanza magnetica con mezzo di contrasto dell’encefalo ed una eventuale ricerca delle bande oligoclonali nel liquor sono necessarie nei pazienti in cui si sospetti una sclerosi multipla.
Una modesta retrazione palpebrale monolaterale può simulare una ptosi controlaterale: in questo caso sarà utile il dosaggio di FT3, FT4 e TSH.
Prognosi
Dipende dalla causa che ha determinato la ptosi.
Nelle forme aponeurotiche la correzione chirurgica da spesso ottimi risultati anche se il paziente deve essere avvisato che la perfetta simmetria non può essere garantita.
Terapia
La scelta del trattamento chirurgico è dettata dal funzionamento del muscolo elevatore.
Se la funzione dell’elevatore è scarsa o assente si utilizza la sospensione al muscolo frontale mediante l’utilizzo di materiale autologo (fascia lata) [23] o eterologo (tubicino di silicone) [24]: con l’elevazione del sopracciglio l’occhio si apre.


correzione della ptosi a destra mediante sospensione al muscolo frontale con tubicino di silicone (prima e dopo)

Se l’aponeurosi dell’elevatore è stirata o disinserita, si può procedere all’accorciamento o al semplice riposizionamento con sutura della medesima ad tarso. L’intervento può essere condotto mediante un approccio anteriore (attraverso una incisione della cute palpebrale in corrispondenza della piega) o posteriore (transcongiuntivale).
Nelle forme meno severe, la tecnica di Fasanella-Servat da buoni risultati con un intervento di semplice esecuzione che prevede l’escissione di una parte di congiuntiva, tarso e muscolo di Müller precedentemente fissati con una speciale pinza emostatica e suturati.

Blefarospasmo essenziale benigno
Definizione
Il blefarospasmo è un disordine neuropatologico che può interessare una o entrambe le palpebre. E’ caratterizzato da spasmi involontari del muscolo orbicolare, spesso associati con movimenti distonici di altri muscoli facciali.
Eziopatogenesi
La causa non è nota anche se la genesi sembra essere multifattoriale: è possibile infatti che esista un centro di controllo centrale per il coordinamento e la regolazione dell’ammiccamento, ma è improbabile che un unico difetto sia la causa di questa malattia.
Sintomatologia
I primi sintomi comprendono un aumento della frequenza dell’ammiccamento, spasmi palpebrali, irritazione oculare, spasmi facciali, blefarotic. Prima di raggiungere un quadro conclamato, il pazienta lamenta disturbi piuttosto comuni: lacrimazione, irritazione oculare, fotofobia e modesto dolore oculare. Nel 50% dei casi si associa a secchezza oculare. Solo in una percentuale inferiore al 10% sono presenti altre malattie neurologiche [25].
Clinica
Il blefarospasmo è una condizione cronica che tende al peggioramento. Il paziente è gravemente provato dalla malattia che lo condiziona nelle attività lavorative, nella guida, nella vita sociale. La chiusura palpebrale non può essere controllata dalla volontà e, nei casi più severi, si può arrivare alla cecità funzionale. Spesso i pazienti sviluppano ansia e depressione.
Prognosi
Non esiste una cura definitiva, ma sono disponibili trattamenti efficaci.
Terapia
L’infiltrazione di tossina botulinica di tipo A è la terapia di prima scelta per il trattamento dello spasmo del muscolo orbicolare. La quasi totalità dei pazienti trae un rapido ma temporaneo giovamento dalla somministrazione di tossina botulinica. La tossina interferisce con l’acetilcolina rilasciata dalle terminazioni nervose, causando una paralisi muscolare che inizia dopo 3-7 giorni per esaurirsi solitamente nell’arco di 3 mesi.
Il dosaggio consigliato è di non più di 25 unità di Botox® per occhio, divise in diversi siti di iniezione. Per ciascun sito si utilizzano 2.5-5 unità, avendo cura di iniettarle direttamente nel muscolo. Il trattamento va ripetuto ogni 3 mesi pur essendo frequenti intervalli variabili da 1 a 5 mesi.
Le complicanze del trattamento sono rare e comprendono: ptosi palpebrale, lagoftalmo, occhio secco, entropion, ectropion, epifora, fotofobia, diplopia [26].

Trichiasi
Definizione
E’ una condizione molto comune in cui le ciglia sono dirette verso il bulbo oculare anzichè verso l’esterno. E’ più usuale l’interessamento della palpebra inferiore.
Eziopatogenesi
Le cause più frequenti sono le modificazioni palpebrali involutive, le cicatrici tarsali posteriori (della palpebra superiore o inferiore), l’epiblefaron (specie nei bambini di origine asiatica), la distichiasi.


epiblefaron

L’interessamento della palpebra superiore con entropion e trichiasi è comune nel tracoma.
Il pemfigoide oculare è una delle cause principali di cicatrici lamellari posteriori e simblefaron.
La sindrome di Stevens-Johnson e le causticazioni chimiche da alcali sono causa comune di trichiasi.
Sintomatologia
La sintomatologia è legata alle conseguenze dello sfregamento della ciglia sulla superficie corneo-congiuntivale. Nei casi meno gravi, il paziente può lamentare una sensazione di corpo estraneo. Nelle situazioni più importanti il dolore, la fotofobia, la lacrimazione e il blefarospasmo rappresentano i sintomi più comuni.
Clinica
Si tratta di una malattia potenzialmente grave. Può causare abrasioni, ulcere e cicatrici corneali; si può verificare una cheratite microbica. L’esame alla lampada a fessura consente di porre diagnosi in modo semplice: valutare entrambe le palpebre senza trascurare l’esame dei fornici e della lamella posteriore. L’esame con fluoresceina consente di rilevare danni corneali.
Prognosi
In assenza di complicazioni corneali la prognosi è generalmente buona. Il paziente va istruito a riconoscere i segnali di una eventuale ricrescita delle ciglia per poter organizzare un ulteriore trattamento.
Terapia
Inizialmente l’utilizzo di lacrime artificiali e unguenti può diminuire il sintomi dello sfregamento.
Il trattamento primario di questa condizione è chirurgico e la tecnica da utilizzare dipende dalla causa della trichiasi.
La depilazione con pinza è un rimedio temporaneo e sconsigliato.
L’ablazione a radiofrequenza delle ciglia e dei follicoli, effettuata in anestesia locale, è estremamente efficace e di rapida esecuzione nei casi di trichiasi focale [27].
Nei casi di trichiasi secondaria ad entropion, la correzione chirurgica dell’entropion stesso è risolutiva. Una incisione tarsale a tutto spessore con apposizione di suture evertenti può essere sufficiente per riposizionare le ciglia lontano dal bulbo [28].
Nel caso di cicatrici lamellari posteriori può essere necessario un allungamento ottenibile ricorrendo ad innesti con mucosa o palato duro.
Nel pemfigoide oculare deve essere evitata la chirurgia per via transcongiuntivale per il rischio di riattivazione della malattia.

Lacerazioni delle palpebre
Definizione
Numerosi meccanismi traumatici, contusivi e penetranti, possono provocare lacerazioni palpebrali.
Le lacerazioni possono coinvolgere il bordo palpebrale, essere extramarginali, causare perdita tessutale.
La corretta gestione delle lesioni palpebrali prevede: l’esclusione di ferite bulbari e di corpi estranei, la protezione della cornea, il mantenimento di una corretta dinamica palpebrale, il miglior risultato estetico.
Eziopatogenesi
Le cause possono essere le più svariate. E’ importante accertare la dinamica dell’incidente che può indicare altre lesioni associate (ad esempio, un trauma cervicale), la profondità delle ferite degli annessi oculari, la presenza di corpi estranei.
Gli incidenti della strada con rottura del parabrezza si associano spesso a corpi estranei e a perdite di tessuto. Nei pazienti con piccole lacerazioni penetranti si deve sospettare un trauma perforante bulbare. Le ferite da morso animale o umano provocano spesso infezioni e perdita tessutale.
Nei bambini, che spesso nascondono i dettagli dell’incidente per paura dei rimproveri dei genitori, escludere che possa trattarsi di abuso su minore.
Sintomatologia
Dipende dallo stato di salute complessivo del paziente.
Clinica
Dopo aver escluso la presenza di rotture del bulbo oculare, evertere la palpebra superiore e sciacquare i fornici. Se le palpebre sono edematose, utilizzare un retrattore di Desmarres per esaminare l’occhio. Se possibile, effettuare un esame alla lampada a fessura, determinare l’acuità visiva ed esaminare il fundus oculi.
Valutare lo stato del muscolo elevatore della palpebra, dei tendini cantali, dei canalini lacrinali, del nervo sovraorbitario.
La presenza di grasso orbitario indica la rottura del setto e la possibile lesione dell’elevatore palpebrale.
Richiedere una TAC orbitaria che può confermare o rivelare corpi estranei, una emorragia retrobulbare, una rottura del bulbo oculare, una frattura orbitaria. Se si sospetta un corpo estraneo non metallico, è opportuno ricorrere anche ad una RM orbitaria.
Informare il paziente e i famigliari del rischio di perdita visiva, di malposizioni palpebrali, di cicatrici cutanee e della possibilità di dover ricorrere ad ulteriori interventi chirurgici.
Quando sono presenti frammenti di vetro, comunicare al paziente che saranno possibili ripetute estrusioni spontanee.
E’ consigliabile documentare fotograficamente le lesioni: il paziente spesso non ha la percezione della gravità del danno, e la fotografia può essere di aiuto per evitare successive questioni anche legali.
Prognosi
Dipende dalla gravità delle ferite e dall’eventuale coinvolgimento del bulbo oculare.
Non vanno sottovalutati i rischi di infezione, inclusa la fascite necrotizzante (gangrena streptococcica), pertanto è opportuna una copertura antibiotica sistemica [29].
Terapia
Se è presente una ferita bulbare, questa verrà operata per prima (in anestesia generale).
Le lacerazioni palpebrali dell’adulto possono essere suturate in anestesia locale o loco-regionale.
E’ importante cercare di salvare e recuperare tutti i tessuti palpebrali, anche quelli che appaiono ischemici: gli annessi oculari hanno una buona vascolarizzazione e spesso si ottiene una buona guarigione.
Le ferite marginali devono essere riparate prima di quelle extramarginali per consentire un buon riallineamento del bordo palpebrale. Se le ferite sono a tutto spessore, la sutura va effettuata su più piani, utilizzando per il tarso e per il muscolo una sutura riassorbibile 6-0 e per la cute un nylon 6-0.
In caso di ptosi palpebrale traumatica, è consigliabile attendere 6 mesi prima di correggerla chirurgicamente.
 

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